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Nel testo sono esaminati in particolare per Etruria, Piceno e Abruzzo, per quanto possibile, le attestazioni di caccia nel periodo compreso tra l’inizio dell’età del ferro (metà del X secolo a.C.) e l’inizio del V secolo, questo non solo per la fondamentale necessità di ...
SINOSSI
Nel testo sono esaminati in particolare per Etruria, Piceno e Abruzzo, per quanto possibile, le attestazioni di caccia nel periodo compreso tra l’inizio dell’età del ferro (metà del X secolo a.C.) e l’inizio del V secolo, questo non solo per la fondamentale necessità di restringere il campo di indagine sia in senso geografico che cronologico, ma anche perché questi ambiti hanno restituito più testimonianze, specialmente per il gran numero di contesti scavati e pubblicati. L’importanza della caccia nell’economia antica decresce gradualmente con l’introduzione dell’allevamento, ma resta quale espressione del potere delle élites dell’età del ferro, espressione che viene modificata e che subisce l’influenza di portati culturali esterni, attraverso i quali giungono nuove cacce e nuovi metodi nell’iconografia etrusca, la quale gioca e sperimenta con questi elementi, pienamente consapevole dell’importanza della caccia. Nel mondo abruzzese l’importanza della caccia sembra arrivare come riflesso di portati esterni: la fibula della tomba 45 di Pizzoli è di matrice campana, mentre le zanne di cinghiale dei Pretuzi, e in minor parte anche dei Vestini Cismontani, riprendono un modello Piceno e Picente, ma l’inserzione di questi elementi venatori in tombe di alto rango non lasciano dubbi sull’importanza della caccia anche in queste zone. Nonostante questa grande rilevanza della caccia nell’autorappresentazione funeraria delle élites dell’Italia centrale, solo alcuni “principi” piceni in una manciata di località sostituiscono la propria spada utilizzata in guerra per una spada da caccia, nello specifico si parla solo dei contesti di Grottazzolina, Recanati e Numana, con un dubbio esemplare proveniente da Jesi. Parlando di caccia, bisogna anche stabilire quale animale potesse essere degno di meritare un’arma di questo livello. In assenza del leone, rimane il cinghiale come animale “guerriero”, meritevole di una caccia “reale” e carica di significato simbolico.
PROFILO DELL'AUTORE
Adriano Bevilacqua (1994) studente del professor Vincenzo d’Ercole all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, si è laureato presso lo stesso ateneo con 110 e lode in Etruscologia e Antichità Italiche.